ALESSANDRO VIII - Pietro Vito Ottoboni (1610-1691)
(Pontificato 1689-1691)


 

PIETRO Vito nacque a Venezia il 22 aprile 1610 dalla nobile casata degli OTTOBONI, ancora oggi non estintasi. Studiò legge a Padova, laureandosi in diritto civile e canonico. Giunto nel 1630 a Roma, Urbano VIII lo nominò Referendario delle due Signature. Successivamente fu Uditore di Rota e gli vennero affidati i governi di Terni, poi di Rieti ed infine di Spoleto. Fu nominato vescovo di Torcello, nella laguna veneziana; successivamente, nel 1652, creato cardinale (Presbitero) di San Salvatore di Buscia.

Nel 1654 è alla guida della diocesi di Brescia, che governò per 10 anni. Fu Datario della Corte Pontificia e Inquisitore del Santo Uffizio; e cambiò il titolo da San Salvatore in quello di San Marco, divenendo cardinale vescovo della diocesi suburbicaria di Santa Sabina. Il 10 novembre 1683 passò alla diocesi di Frascati, sede che lasciò nel 1687 per passare a quella di Porto.

Alla morte di Innocenzo XI ascese al soglio pontificio, il 6 ottobre 1689, assumendo il nome di ALESSANDRO VIII.
Appena eletto si affrettò a beneficare con titoli e privilegi i componenti della sua famiglia, indulgendo ad un pesante nepotismo. Da Venezia ci fu l'invasione degli Ottoboni: il nipote Antonio (figlio di Agostino, fratello del Papa
) fu nominato generale di Santa Romana Chiesa; il nipote Pietro, appena diciannovenne fu creato cardinale e in seguito occuperà la cattedrale di Frascati; il nipote Marco, benché gobbo e zoppo, fu fatto Sovrintendente delle Fortezze e Galere pontificie. Per lui comperò, nel 1690, il ducato di Fiano per 170.000 scudi.

Curioso resta un documento del tempo, in forma di discorso, fatto da questo pontefice a 12 cardinali pochi giorni prima della morte: è una difesa che il papa, o altri per lui, fa dall'accusa di nepotismo; ma essa più che difesa è un tentativo di giustificazione dei favori concessi ai nipoti e delle somme loro assegnate.

A parte le concessione ai propri parenti, Alessandro VIII fu un papa molto fermo e deciso. Il 7 dicembre 1690, con decreto del Santo Uffizio, in seguito ad esame accurato, condannò 31 proposizioni scelte tra circa 200 tratte da tesi e opere di teologi che insegnavano specie nel Belgio, riguardanti la Grazia, l'Eucaristia e la Penitenza. Allo stesso modo condannò il "rigorismo", eccesso morale che si contrapponeva al "lassismo", già condannato qualche tempo prima.

Sempre nel 1690 risistemò la maestosa fontana sul Gianicolo: provvide all'espurgo delle condutture e all'immissione di nuove acque, aumentando la portata dell'acquedotto creando il piazzale antistante la fontana, mediante lavori di terrazzamento; fece aggiungere alla fontana la grande vasca di marmo bianco, realizzata dall'architetto Carlo FONTANA, che la rese ancora più magnificente. Tali lavori, per i quali furono spesi 5.200 scudi d'oro, sono ricordati in una iscrizione, sormontata dallo stemma papale, apposta sotto l'arco della nicchia centrale.

Arricchì la Biblioteca Vaticana acquistando preziosi volumi appartenenti alla regina Cristina di Svezia.
Favorì le missioni in Cina: a Nanchino e a Pechino istituì due sedi vescovili. Purgò lo Stato Pontificio dai delinquenti che lo infestavano, ma fu caritatevole nel periodo in cui peste e carestia infierirono su Roma.
Canonizzò Lorenzo Giustiniani, Giovanni di Dio, Pasquale Baylon.

Con la bolla "Inter multiplices" del 1691 si oppose alle libertà della Chiesa gallicana e alle rivendicazioni del clero gallicano francese; in particolare condannò i 4 articoli della Dichiarazione dell'Assemblea gallicana del 1682 e il diritto di regalia. Riuscì ad ottenere da re Luigi XIV di Francia la restituzione della città di Avignone e il contado Venassino ai possedimenti della Chiesa, creando cardinale, in cambio, il vescovo di Beauvois.
Finanziò l'imperatore con 50.000 scudi affinchè si armasse contro i Turchi; allo stesso modo incitò le altre potenze cattoliche.

Ormai avanti con gli anni e prevedendo una prossima fine, incitando gli Ottoboni a sistemarsi presto, soleva ripetere: «Le 24 stanno per scoccare!». Morì il 1° febbraio 1891. Fu sepolto nella Basilica di San Pietro sotto un sontuoso monumento scolpito da Arrigo di S. Martino.

Biografia curata da Pasquale Giaquinto